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Marco Belpoliti sostiene che oggi “non sappiamo più attendere” e che tutto è diventato simultaneo. Facendo parte di questa nuova generazione a cui aspettare proprio non piace, quando mi viene sottoposto un testo come questo non posso far altro che fermarmi un attimo e pensare. Pensare a come, se per un momento la linea del nostro telefono non prendesse, andremmo subito in tilt, a come se  a casa togliessero anche per un solo giorno la luce, e non potessimo più usare la televisione o il computer, i minuti sembrerebbero non passare mai, o a come, proprio come dice lo studioso, se non ci arrivasse immediatamente risposta alla mail inviata pochi istanti prima ci infastidiremmo.  Ed è in questi casi che mi sorge spontanea una domanda: ma prima come facevano? Riportando l’esempio di Belpoliti: quando due persone lontane si scambiavano  lettere, non gli costava aspettare? Penso che una cosa come lo scambio epistolare al giorno d’oggi sarebbe impensabile; per quanto io preferisca di gran lunga la calligrafia unica di ognuno di noi al posto di uno stampatello predefinito scelto da un sistema operativo, non ci sarebbe la pazienza affinché lo scambio avvenga. C’è una frase che ci insegnano spesso a scuola che riprende la filosofia di Leopardi, e che è entrata a far parte della mia “lista di cose fondamentali”, cioè:L’attesa aumenta il desiderio”.

Credo che in relazione a questo testo non ci sia frase più giusta, in quanto forse è stata un po’ persa di vista; vogliamo tutto e subito, siamo così concentrati sulla meta che dimentichiamo di goderci il viaggio. Forse dovremmo smetterla con la frenesia che ci riempie i giorni, rallentare, respirare un attimo, guardarci un po’ intorno e mettere un attimo da parte l’ideologia, che se aspettiamo perdiamo solo tempo. Ormai con attesa intendiamo solo gli aspetti negativi del termine, e sì, essere messi in attesa al telefono, con quella musica assordante nelle orecchie, è estenuante, ma vogliamo mettere l’attesa di essere chiamati per un’interrogazione, o di uscire con il ragazzo o la ragazza che ti piace? Quell’attesa durante la quale le lancette dell’orologio sembrano congelarsi ed il respiro quasi ti si blocca, quell’attesa che provoca un’ansia che ti divora, ma che al contempo ti fa sentire vivo.

Tutto intorno a noi sembra segnato dall’attesa: la gestazione, l’adolescenza, l’età adulta. C’è un tempo per ogni cosa, e non è mai un tempo immediato”.

Questo è ciò che dice Belpoliti nel testo ed io, essendo un’educatrice di ragazzi più piccoli, ho molto spesso sott’occhio gli atteggiamenti che assumono, e noto sempre di più la tendenza a voler crescere il prima possibile. L’attesa fa e farà sempre parte della nostra vita, e questa voglia incontrollabile di voler bruciare delle tappe non dà il tempo ai ragazzi di maturare come dovrebbero. I social in tutto ciò giocano sicuramente un ruolo fondamentale, visto che siamo in un mondo in cui dei video di 15 secondi occupano le nostre ore, e in cui delle “stories” monopolizzano i nostri pensieri; ed entrambi ci scorrono davanti nel giro di un secondo. Con questo nuovo modo di vedere le cose, ci dimentichiamo spesso di prestare attenzione ai dettagli, talmente siamo occupati a guardare principalmente l’apparenza, la superficie; ma se riuscissimo ad imparare a soffermarci maggiormente sui particolari, come uno sguardo, un’espressione o perfino un sospiro, forse sarebbe più facile capire gli altri, e ciò che hanno da dire. L’attesa che ci piaccia oppure no, continua imperterrita a regnare sovrana sulle nostre giornate, e noi non possiamo combatterla, dobbiamo solo imparare ad affrontarla, portando pazienza, aspettando di raccogliere i suoi frutti, pur non sapendo se ne sarà valsa davvero la pena.

Ma, in fondo, non è anche questo il bello della vita?

Margherita Busca 4P

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